La futura Repubblica presidenziale turca nasce da un referendum vinto di misura dal sì e viziato da irregolarità per gli osservatori internazionali. Nel rivendicare il risultato, il presidente Erdogan – padre della riforma – parla di “vittoria sui crociati” ed evoca la reintroduzione della pena di morte. Il legame con gli Stati Uniti pare uscirne rafforzato, mentre sembra chiudersi la porta d’accesso all’Unione europea.

L’escalation di reciproci avvertimenti tra Washington e Pyongyang attenua la speranza che le tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord non sfocino in un conflitto: se per gli Usa “il tempo della pazienza strategica è finito”, per la Corea del Nord una guerra nucleare “può scoppiare da un momento all’altro”. Donald Trump conta sulla Cina perché induca alla moderazione il riottoso alleato nordcoreano.

Stati Uniti e Russia affrontano la realtà di un rapporto fragile, indebolito dalla mancanza di fiducia reciproca e di valori condivisi. L’ha reso evidente lo scontro sull’attacco chimico in Siria, con Washington e Mosca divise sull’analisi di quanto avvenuto e sulle conseguenze da trarne.