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Proiettare stabilità nel vicinato a sud della Nato

24/07/2017

Dopo la primavera araba il collasso dell’ordine regionale ha trasformato il Mediterraneo in un bacino di permanente instabilità, con esiti negativi per il fragile equilibrio tra sicurezza interna e esterna degli alleati. All’instabilità nel vicinato meridionale dell’Alleanza sono infatti collegate sia la minaccia terroristica sia la crisi dei flussi migratori verso l’Europa. La Nato è già impegnata in diversi modi nel suo vicinato meridionale: si vedano le attività di capacity building con partner quali Giordania o Tunisia, l’operazione Sea Guardian per la sicurezza marittima nel Mediterraneo, lanciata nel novembre 2016, e la recente creazione all’interno dell’Allied Joint Force Command (Jfc) di Napoli di un “hub” per coordinare le attività di intelligence, antiterrorismo e capacity building nel vicinato meridionale. In questo contesto, un passo in avanti consisterebbe nell’impiegare tutte le potenzialità della Nato in quanto alleanza politica e militare al fine di fronteggiare due grandi fattori di instabilità tra loro fortemente connessi: lo scontro tra potenze regionali che, apertamente o meno, ricorrono sempre più alla forza per proteggere i propri interessi ed estendere la propria influenza, e l’assenza in alcuni Paesi di un reale controllo da parte dello Stato, causata da guerre civili e/o dal collasso dello Stato (ad esempio in Siria, Libia e Yemen).

Traduzione in italiano di “Projecting Stability in NATO’s Southern Neighbourhood”, pubblicato dal NATO Defense College nella collana NDC Conference Reports (n. 3/2017, luglio 2017). La pubblicazione nasce dal dibattito che si è svolto durante la conferenza internazionale “La Nato e le crisi a sud dell’Europa: Proiettare stabilità nel vicinato meridionale della NATO”, Roma, 14 marzo 2017.

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