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Immunità e crimine internazionale di tortura

30/04/2015

La proposta di legge su “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano”, già approvata in un testo unificato dal Senato ed ora all’esame della Camera dei deputati (A.C. 2168 ed abb.), codifica il delitto di tortura, aggiungendo al codice penale l’art. 613-bis e prescrive un’aggravante se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale. Essa prevede anche la fattispecie dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. Così facendo si punisce la tortura come fattispecie prevista dalle convenzioni internazionali citate nel par. 1 e la tortura di cui all’art. 1 della Convenzione contro la tortura, che per definizione è crimine commesso da pubblico ufficiale. Ma tale modo di procedere non è stato esente da critiche, come si evince da talune audizioni parlamentari. La proposta di legge opportunamente aggiunge una norma al Testo unico sull’immigrazione del 1998, disponendo che non è ammesso il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato, qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Ma il vero punto critico, sotto il profilo del diritto internazionale e degli obblighi in materia rilevanti per lo Stato italiano, è un altro e riguarda la questione del trattamento delle persone che godono di immunità.

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