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60° anniversario IAI al Quirinale: i discorsi di Valensise e Tocci

Intervento del Presidente dello IAI, Ambasciatore Michele Valensise

Signor Presidente,

desidero esprimerLe a nome dell’Istituto Affari Internazionali un sentito ringraziamento per averci ricevuto in una ricorrenza così significativa. L’Istituto celebra quest’anno il sessantesimo anniversario della sua fondazione. Fu nel 1965 che, grazie alla passione e alla volontà di Altiero Spinelli, nacque lo IAI, centro di ricerca indipendente, impegnato a favore dell'integrazione europea e della cooperazione transatlantica. Oggi Le siamo moto grati per l’onore che ci concede con questa udienza. La Sua profonda attenzione e i Suoi instancabili richiami per un’Europa quanto più coesa sono lo stimolo più incisivo per il nostro lavoro.

Negli anni, lo IAI è rimasto fedele agli ideali originari. Ma ha allargato il suo campo d’azione, accompagnando l’emergere di nuove, incalzanti priorità. Ha approfondito i rapporti con Mediterraneo e Medio Oriente, di interesse strategico per l’Italia e l’Europa; la collaborazione con l’Africa, continente delle sfide epocali e delle grandi potenzialità; le sinergie con l’Asia, con la sua crescita impressionante e il peso sempre più considerevole negli equilibri mondiali; e con l’America latina - “l’Estremo Occidente” - a noi così vicina per le radici comuni e le tante affinità.

Siamo consapevoli di dover rafforzare l’intelaiatura multilaterale della convivenza tra popoli e Stati, oggi messa a dura a prova da egoismi e radicalismi, da nazionalismi e revisionismi. La condivisione di regole fondamentali e il riconoscimento di responsabilità globali dovrebbero essere un postulato della vita internazionale. Servono a favorire risposte comuni a sfide comuni, come la sicurezza, il clima, la crescita, lo sviluppo sostenibile. Invece, viviamo una congiuntura confusa, pericolosa, che è difficile contenere e ancor più complicato superare. Non sorprendono il disorientamento e la preoccupazione di molti, specie dei più giovani.

L’aspirazione a un nuovo ordine internazionale, sinora indefinito, è al centro delle analisi dello IAI. L’obiettivo di disegnare un multilateralismo efficace non può essere illusorio. Restiamo convinti che scambi e dialogo possano contribuire a una valutazione più ponderata degli interessi, creare maggiore capacità di ascolto nei confronti di nuovi protagonisti sulla scena internazionale. Oltre alla competenza dei nostri ricercatori, ci è di aiuto la fitta rete di connessioni che abbiamo in Europa e nel mondo. L'abbiamo costruita negli anni con istituzioni, centri di ricerca, responsabili politici, economici, diplomatici, europei e internazionali.

L’analisi e la ricerca si muovono entro uno spazio circoscritto. Tuttavia abbiamo l'opportunità di offrire spunti di riflessione anche ai decisori politici che ci onorano della loro attenzione. Da qui l’interazione con Parlamento, governo, forze politiche di maggioranza e opposizione, oltre che con imprese, istituzioni accademiche, organizzazioni non governative. Ecco, in sintesi, la tela di fondo dell’azione dell’Istituto Affari Internazionali e delle sue iniziative, non solo per gli addetti ai lavori.

Se in passato in Italia ci si è spesso lamentati della scarsa attenzione per le vicende internazionali, oggi gli sviluppi mondiali hanno un peso ben più rilevante. E’ una buona notizia per chi lavora su quella materia. Certo, è effetto delle tecnologie di un mondo sempre più connesso. Ma soprattutto è merito di una diffusa consapevolezza di quanto il nostro tempo sia segnato da interdipendenze in buona misura inevitabili, perché fisiologiche nell’attuale fase. Dalle conquiste scientifiche alle filiere di approvvigionamento, dalle esigenze di sicurezza allo sviluppo sostenibile, tutto dovrebbe spingere verso una concertazione trasparente tra gli Stati. Tutto dovrebbe sollecitare una governance capace di conciliare istanze diverse in un quadro complessivo, scongiurando il rischio di esasperare le tensioni.

Rinnoviamo così la fiducia nella forza del diritto, rassicurante base di civiltà, troppo spesso travolta dall’inaccettabile ricorso alla legge del più forte. La sciagurata aggressione russa contro l’Ucraina è lì a ricordarcelo. Non dimentichiamo il conflitto israelo-palestinese, la cui possibile soluzione ha ancora troppi nemici. Per convinzione, mobilitiamo ogni energia, per portare il nostro piccolo contributo alla costruzione di ponti. Al contrario, diffidiamo dei muri.

A volte, lo studio induce a qualche visione ideale, confinata sul terreno teorico. Le relazioni internazionali e la politica estera, per loro stessa natura, si possono prestare a inseguire soluzioni irrealizzabili. Ne siamo coscienti. In ogni caso, non vorremmo archiviare come irrealistica un’idea semplice: quella di un’unità d’intenti – nello spettro politico italiano - sulle linee maestre della politica estera del nostro Paese. Al di là della necessaria dialettica democratica, una convergenza di fondo delle nostre forze politiche sulle priorità di politica estera si tradurrebbe in un’accresciuta credibilità per l’Italia e per la capacità di irradiazione dei suoi interessi.

L’anniversario dello IAI è un’occasione per tracciare un bilancio e pensare a nuove iniziative. Per i prossimi mesi, abbiamo previsto, tra gli altri, due eventi. Uno è la presentazione di una “antologia” di alcuni passaggi importanti nella politica estera italiana. Sono momenti che l’Istituto ha accompagnato con il contributo dei suoi responsabili: un riepilogo di come la piccola storia dello IAI si sia intrecciata con la Storia con la Esse maiuscola. L’altro evento è un incontro tra giovani ricercatori che, dopo un periodo all’Istituto, hanno proseguito con successo la carriera professionale in enti, imprese, università. Racconteranno loro ai più giovani, che si affacciano ora sul mondo del lavoro, le opportunità aperte dallo studio delle relazioni internazionali.

Signor Presidente, il nostro pensiero corre spesso alle generazioni più giovani. Sono il nostro futuro. Saranno loro a dover garantire pace, libertà e progresso, senza darli per scontati. L’Istituto Affari Internazionali è molto confortato dai Suoi puntuali, rigorosi moniti a favore di quei valori, da coltivare con cura e da tutelare con fermezza. E guardando avanti - come è bene fare ai compleanni - oggi ribadiamo l’impegno a ispirare il nostro operato a quel patrimonio morale così prezioso, così attuale, così necessario: pace, libertà e progresso.

Grazie.

 

Intervento del Direttore dello IAI, Nathalie Tocci

Signor Presidente,

Per noi dello IAI è un grande onore e una vera gioia festeggiare con Lei questo 60° anniversario.

Sessant’anni sono un tempo lungo, e lo IAI è cambiato profondamente, un cambiamento di cui sono stata testimone negli ultimi vent’anni. Eppure ho avuto anche modo di constatare come, in un certo modo, lo IAI non sia cambiato affatto.

Un tempo, riflettendo i pilastri tradizionali della politica estera dell'Italia, ci occupavamo di Europa, di relazioni transatlantiche e di Mediterraneo, oltre a seguire i temi della difesa e del commercio internazionale. Queste rimangono aree prioritarie, ma abbiamo approfondito e allargato lo sguardo.

Quando ci occupiamo di Europa, guardiamo anche ai Balcani occidentali e l'Europa orientale. Quando studiamo la difesa, allarghiamo l'orizzonte alle questioni di sicurezza e allo spazio. Quando pensiamo al Mediterraneo, lo facciamo consapevoli che non esistono confini netti tra la riva sud ed il Medio Oriente e l'Africa subsahariana. La nostra ricerca sugli attori globali inizia ma non finisce certo con gli Stati Uniti, estendendosi anche alla Russia, alla Cina e altri Paesi dell’Asia. E quando ci occupiamo di economia, approfondiamo i nessi della geoeconomia e della governance globale. Ci sono poi temi che un tempo non rientravano nell'agenda dell'Istituto, come l'energia, il clima, le migrazioni, il digitale e lo sviluppo sostenibile, che oggi invece sono al cuore del nostro lavoro. Lo IAI, 60 anni dopo, è più grande, più diversificato, più giovane e più femminile.

Ma lo IAI non è solo cresciuto. Si è anche adattato a un contesto politico interno e internazionale profondamente diverso anche solo rispetto a 20 anni fa. In passato i valori fondanti dello IAI erano condivisi dalla politica, dalle istituzioni e dall'opinione pubblica. Potevamo permetterci di fare "solo" ricerca con e per gli addetti ai lavori. Oggi quei valori sono contestati internazionalmente quanto anche internamente. Questo ci ha portati a riflettere su come la nostra missione dovesse adattarsi. Non si trattava più solo di interagire coi nostri omologhi in altri Paesi e con le istituzioni italiane e europee. Ci siamo sentiti chiamati in causa a rispondere alla crescente esigenza di conoscenza di questioni internazionali che viene da un’opinione pubblica, e in particolar modo dai più giovani, spesso spaesata da un dibattito in cui la disinformazione abbonda. Tocchiamo con mano questo problema, soprattutto dopo la crisi pandemica, l'invasione russa dell'Ucraina, la guerra in Medio Oriente e ora anche con la minaccia di un abbandono dell'Europa da parte degli Stati Uniti.

A 60 anni dalla sua fondazione, lo IAI si sente parte in causa delle sorti dell’Italia e dell’Europa. È uno IAI consapevole che non può dare per scontati i suoi valori, ma deve promuoverli attivamente.

Ed è in questo senso che si può dire che lo IAI non sia cambiato affatto. I nostri valori, iscritti nello Statuto, sono gli stessi voluti da Altiero Spinelli 60 anni fa. La liberal democrazia, i diritti umani, il diritto internazionale, l'integrazione europea e il multilateralismo erano e restano il nostro faro, la nostra guida.

E sono valori che Lei, Signor Presidente, incarna e difende ogni giorno. Ed è per questo che non poteva farci regalo più grande che festeggiare con noi il 60° compleanno dello IAI.

Grazie.