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Transatlantic security symposium 2013

02/12/2013, Roma

La porosità dei confini, la disponibilità di armi, la proliferazione e la mobilità dei gruppi islamisti radicali: questi i tre elementi di rischio che emergono da un’analisi del nuovo scenario di sicurezza nell’Africa sub-Sahariana all’indomani delle rivoluzioni arabe.

È quanto emerso dal Transatlantic Security Symposium 2013, giunto quest’anno alla sesta edizione.

L’incontro, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali con il sostegno della Compagnia di San Paolo, la Nato e il Ministero degli Esteri presso la sala delle conferenze internazionali della Farnesina, si è concentrato sulla sicurezza transatlantica dal Sahel al Corno d’Africa e sul ruolo dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nella regione.

Il dibattito è stato aperto dal vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, che ha sollecitato pareri e suggerimenti su come migliorare le relazioni tra Italia, Europa e Africa. Per Pistelli l’approccio cooperativo con cui l’Europa e gli Stati Uniti devono rapportarsi al continente africano deve seguire tre “d”, dall’inglese: defence, diplomacy and development (sviluppo).

Le primavere arabe, che secondo Pistelli vanno considerate più come un processo che come singoli avvenimenti, hanno riportato all’attenzione le minacce alla sicurezza nel continente africano, in particolare nel corridoio del Sahel fortemente esposto al traffico di droga, al radicalismo islamista e alla tratta degli esseri umani.

Essendo geograficamente più vicina, l’Europa è chiamata a svolgere un ruolo da protagonista, anche alla luce della storia coloniale che la lega all’Africa, ma è anche opportuno un approccio transatlantico volto a coinvolgere gli Usa su più fronti.

Durante il dibattito, sono stati discussi documenti presentati da alcuni ricercatori, che hanno analizzato i nuovi scenari geopolitici nel Sahel e nel Corno d’Africa dopo le primavere arabe, nonché i punti di forza e di debolezza negli approcci dell’Ue e degli Usa alla sicurezza verso le due regioni.

condivide Numerosi partecipanti si sono dimostrati d’accordo sul fatto che l’Europa in questo momento non ha una posizione univoca rispetto all’instabilità della regione e all’immigrazione, ma allo stesso tempo hanno sottolineato che anche i paesi che sembrano più restii ad intervenire direttamente, come la Germania, hanno notevoli interessi commerciali nel continente africano. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, si è registrato un largo consenso sul fatto che per il prossimo futuro non sembra lecito aspettarsi grandi novità circa un approccio che è fortemente improntato ad allestire una risposta adeguata alla minaccia dell’Islamismo radicale affiliato ad al-Qaeda.

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