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Infrastructure, transport and communications in post-crisis Europe

20/01/2014, Roma

Un’Europa veramente unita sotto il profilo economico, politico e istituzionale, è impossibile se prima non si uniscono i cittadini che di questa Europa fanno parte: i trasporti e le telecomunicazioni rappresentano due tra le più importanti aree di investimento e sviluppo per i decenni a venire, e questa è una partita che si gioca a livello globale fra competitor agguerriti come Cina e Stati Uniti. Una partita che l’Europa non può permettersi di perdere.

Questi ed altri, i temi al centro del convegno “Infrastructure, transport and communications in post-crisis Europe” organizzato dallo IAI, che si è svolto lunedì 20 gennaio a Roma. L’incontro ha visto esponenti del mondo dell’imprenditoria, della politica e delle università, scambiarsi idee e prospettive nell’ambito del progetto denominato “Towards a More United and Effective Europe”, nato qualche anno fa, in collaborazione con il ministro degli Esteri Emma Bonino e che, come spiega nell’introduzione il vicedirettore IAI, Nathalie Tocci, ha lo scopo di sondare il futuro della politica europea dell’integrazione, nella cornice degli scopi prefissati dall’agenda Europa 2020, soprattutto in vista delle ormai prossime elezioni al Parlamento europeo e del turno della presidenza di turno italiana del Consiglio dell’UE.

Un’integrazione difficile, quindi, che rimane lacerata da forze centrifughe, con una sfida a portata di mano: delineare verso quale modello di governance l’UE debba dirigersi per rendere se stessa più efficiente, governabile e legittima. Soprattutto a fronte delle difficoltà incontrate dopo la crisi mondiale del 2008, come fa notare nel suo intervento, Luisa Todini, presidente della Todini Costruzioni, secondo cui il rilancio del mercato unico e un’ integrazione efficiente delle infrastrutture nei settori della comunicazione e dei trasporti sono entrambi fattori fondamentali per lo sviluppo anche dell’industria delle costruzioni che al momento sta affrontando un momento difficile non solo in Italia ma in tutte l’Europa occidentale, con una produzione in calo del 2,7% rispetto al 2012.

Secondo Pat Cox, coordinatore del progetto Scan-Med Core Network Corridor, le infrastrutture sono una potenziale fonte di legittimità per il progetto d’integrazione Europea in quanto rappresentano un settore nel quale l’Europa riesce a produrre risultati concreti e dove il valore aggiunto dell’Unione è tangibile. Quindi più interconnettività, sia fisica che digitale, più infrastrutture aeroportuali, più collegamenti tra i paesi europei, e tra questi e il resto del mondo: solo così - secondo il pensiero di Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia ed ex ministro dei trasporti - potremo davvero creare un mercato unico e un’Europa unita e competitiva.

E la mossa vincente è anticipare il mercato, come spiega Gerard Pogorel professore di economia e management alla ENST-Telecom ParisTech: come si costruiscono i porti prima che arrivino le navi, così gli investimenti nelle telecomunicazioni dovrebbero anticipare la domanda dei consumatori, e non arrancare in un mercato sempre più competitivo. Cina e Stati Uniti hanno un bacino di utenti enormemente superiore a quello dei singoli stati europei: 28 piccoli mercati che, da soli, non hanno alcuna chance di sopravvivenza. Per questo l’unica opportunità è il mercato unico.

E come afferma Andrea Renda, senior research fellow al Centro di Studi politici europei e direttore del Global Outlook IAI, quello di cui l’Europa ha bisogno è una legislazione unica per tutti i paesi, un mercato unico regolamentato che renda possibile la competitività interna, una standardizzazione dell’offerta di servizi, e soprattutto investimenti nelle infrastrutture, come la fibra ottica e le reti wifi.

Ma per questo, oltre che degli investimenti privati, occorre l’intervento del settore pubblico: infatti, precisa Stefano Riela, consigliere Agcom e docente di European Economic Policy alla Bocconi, soprattutto per quanto riguarda il territorio italiano siamo di fronte a una forte disparità infrastrutturale tra le principali aree urbane e il resto del territorio. Questo perché i privati investono nelle città, dove è garantito un ritorno economico, mentre le aree meno abitate restano isolate. E’ qui che deve subentrare lo stato.

Il convegno, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, dei docenti Oliviero Baccelli, Carlo Secchi, Lanfranco Senn (Bocconi) e Tommaso Valletti (Imperial College), si chiude con l’auspicio del capo segreteria del ministro degli Esteri Filippo Di Robilant: “Le istituzioni europee devono comprendere che se si vuole davvero un’Europa più unita bisogna inserire lo sviluppo della connettività, delle telecomunicazioni e dei trasporti, ai primi posti dell’agenda di governo. Perché solo dei cittadini più interconnessi, sono cittadini davvero uniti”.

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