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Diplomazia coercitiva nella governance globale: il ruolo delle sanzioni

11/10/2013, Roma

L’11 Ottobre 2013 si è tenuto presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI) a Roma l’incontro di lancio del Progetto “Diplomazia coercitiva nella governance globale: il ruolo delle sanzioni”. Il progetto di durata triennale avrà ad oggetto il ruolo delle sanzioni in quanto strumenti di diplomazia coercitiva. È, infatti, frequente nelle relazioni internazionali l’uso di sanzioni in situazioni conflittuali o semi-conflittuali o in condizioni in cui un determinato Stato o altro attore deve essere ricondotto nel rispetto del diritto internazionale. Il progetto di ricerca si propone, pertanto, di esplorare se sia possibile raggiungere un comune accordo sui diversi punti di vista circa la coercizione economica e politica, così conciliando le differenti prospettive del diritto internazionale e delle relazioni internazionali. Il progetto sarà coordinato dall’Istituto Affari Internazionali e dall’Università di Kiel, con l’obiettivo di coinvolgere un gran numero di esperti da tutto il mondo.

Come chiarito da Joachim Krause, docente presso l’Università di Kiel, nella prima sessione dell’incontro, quando la comunità internazionale parla di sanzioni internazionali suole far riferimento alle “misure coercitive adottate da un Paese o un gruppo di Paesi o da organizzazioni internazionali nei confronti di uno Stato o di un individuo/i o di una organizzazione/i in modo da ottenere un cambiamento nel suo/loro comportamento o da indebolire la sua/loro posizione in una situazione antagonistica generale”.

Natalino Ronzitti, Professore Emerito di Diritto Internazionale presso l’Università LUISS di Roma e consigliere scientifico dell’IAI, ha incentrato il suo intervento sulla legittimità delle sanzioni, in qualità di strumenti che possono essere imposti o raccomandati. Di fondamentale importanza è stato, inoltre, il quesito da lui posto su chi sia eventualmente competente a imporre tali sanzioni: ci si deve interrogare sul se possa provvedervi esclusivamente il Consiglio di Sicurezza o possano farlo anche gli Stati (sia un singolo Stato che un gruppo di Stati), le altre organizzazioni internazionali e regionali, agendo in maniera indipendente dal Consiglio di Sicurezza e comunque senza porre in essere violazioni del diritto internazionale. Infine, il Professor Ronzitti ha richiamato l’attenzione su alcuni problemi rilevanti per il commercio internazionale, con particolare riguardo alle preoccupazioni delle aziende circa i contratti da esse stipulati e i cui effetti terminano nel momento in cui uno Stato viene colpito da sanzioni e all’applicazione delle sanzioni al di fuori di uno Stato, ricollegandosi ai cosiddetti “effetti extraterritoriali” delle sanzioni.

Nicoletta Pirozzi, responsabile di ricerca presso lo IAI, ha spiegato che il ruolo delle sanzioni sarà indagato dal punto di vista giuridico e politico secondo tre cluster principali: (1) aspetti giuridici, (2) questioni di governance nella pianificazione ed attuazione delle sanzioni e (3) sostanza ed effetti delle sanzioni. Sono stati identificati quattro principali casi di studio: Iran (2006-in corso), Iraq (1991-2003), Libia (2011-2012) e della Corea del Nord (2006-in corso).
L’idea è quella di produrre nel corso del progetto documenti policy-oriented, da presentare in occasione di eventi organizzati in Europa e negli Stati Uniti e quindi da raccogliere in pubblicazioni.

Dalla discussione avutasi nella prima sessione dell’incontro sono emersi quattro elementi da considerare componenti essenziali del futuro progetto.
- Il punto di partenza dovrebbe essere la definizione e la differenziazione delle sanzioni: occorre chiedersi quali siano effettivamente le sanzioni di cui si intende parlare.
- In secondo luogo, dovrebbe essere tenuta in debito conto la flessibilità di questo particolare strumento di diplomazia coercitiva, al fine di offrire un’analisi su come le sanzioni possano essere applicate e modulate.
- È anche importante introdurre la distinzione tra efficacia ed efficienza: le sanzioni devono essere efficaci, il che significa che esse devono produrre il risultato desiderato, ma è anche necessario che detto risultato sia raggiunto in modo efficiente, ovvero creando il minor “disagio” possibile per i soggetti colpiti dalle sanzioni stesse.
- Infine, particolare attenzione dovrebbe essere dedicata a rilevanti attori del settore privato, oltre che agli Stati ed alle organizzazioni regionali e internazionali. Nella maggior parte dei casi, infatti, anche quando si sanzionano Stati come l’Iran o la Siria, si colpiscono pur tuttavia le aziende. Si rende, dunque, necessaria una cooperazione con gli attori privati, tanto in termini di condivisione di informazioni, quanto in termini di collaborazione nell’attuazione delle sanzioni.

Al dibattito hanno fatto seguito le presentazioni di quattro partecipanti.

Daniel H. Joiner, professore presso l’Alabama School of Law, ha iniziato il suo discorso riferendosi alle regole del diritto internazionale che limitano la possibilità degli Stati di imporre sanzioni sia a livello multilaterale (e.g. l’azione del Consiglio di Sicurezza ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite) che in modo unilaterale. In particolare e a suo dire, nel contesto moderno le sanzioni sono diventate la soluzione abituale cui ricorrono gli Stati potenti contro quelli che lo sono di meno. Tuttavia, ci sono principi importanti da prendere in considerazione per la loro attuazione. Prima di tutto, la proporzionalità. Si tratta di un principio del diritto internazionale consuetudinario applicabile anche quando ad agire sia lo stesso Consiglio di Sicurezza. In secondo luogo, occorre ricordare il principio della discriminazione ragionevole, così da evitare di colpire la popolazione civile.

Tom Coppen, ricercatore presso il Centre of Conflict and Security Law e dottorando presso l’Università di Utrecht, ha discusso il ruolo che le sanzioni economiche possono svolgere in relazione al controllo degli armamenti, specificamente di vigilanza sul rispetto degli accordi vigenti in tale materia. In particolare, la minaccia di imporre sanzioni è ritenuta essere positiva al fine di promuovere il rispetto dei trattati da parte degli Stati. In realtà, un altro approccio per assicurarne l’osservanza è il cosiddetto “enforcement”, ma, come sottolineato, vi è una certa critica quanto ad esso tra gli studiosi internazionali. Un approccio diverso è, invece, quello cooperativo. Esso comporta l’adempimento spontaneo degli obblighi derivanti dai trattati e implica la volontà degli Stati di rispettare le disposizioni in essi contenute, la qual cosa non è sempre facile da realizzarsi. Kristen Boon, visiting senior advisor presso l’International Peace Institute di Washington DC e docente alla Seton Hall Law School, ha riferito sul ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in situazioni di conflitto nel contesto africano, precisando che esso ha applicato sanzioni in circa il 50% di conflitti attivi tra il 1999 ed il 2010. Come confermato da un rapporto dell’International Peace Institute, la gestione della prevenzione e la risoluzione delle guerre civili costituiscono ancora l’elemento centrale dell’agenda del Consiglio di Sicurezza. L’analisi della professoressa Boon si è poi incentrata sull’uso dell’appartenenza ad organizzazioni regionali e internazionali come strumento per sanzionare il comportamento dei Paesi membri e sulla durata delle sanzioni come indicatore dell’efficacia della soluzione adottata.

Marco Gestri, professore presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha illustrato il sistema delle sanzioni dell’Unione Europea, ponendo l’accento sul crescente uso di sanzioni, adottate sia in applicazione di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza (per esempio, contro Al-Qaeda), sia autonomamente da parte dell’Unione Europea (ad esempio, contro la Siria ). In altri casi, l’Unione Europea, in attuazione delle sanzioni delle Nazioni Unite, ha autonomamente deciso di introdurre ulteriori misure restrittive o semplicemente di aggiungere altre tipologie di sanzioni. Il Prof. Gestri ha anche sottolineato che il più importante problema giuridico concernente le sanzioni dell’Unione Europea ha a che fare con la procedura per la loro adozione: ai sensi del diritto dell’Unione Europea, ogni azione intrapresa dall’Unione (e quindi compresa l’imposizione di sanzioni) deve trovare una specifica base giuridica nei trattati. Il Trattato sull’Unione Europea (TUE) definisce ciò “principio di attribuzione”, statuendo al par. 2 che in virtù di esso «l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti» (art. 5 TUE).

Le proposte emerse durante questo incontro saranno inserite nelle attività del progetto e il gruppo di esperti riunitisi a Roma si incontrerà nuovamente nel 2014.

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