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La Libia dopo le elezioni

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17/12/2012

La situazione attuale della Libia fornisce alcuni motivi di fiducia ed al contempo molti spunti per essere preoccupati e pessimisti: le elezioni parlamentari del 7 luglio u.s. sono state per lo più regolari e non hanno dato luogo ad una maggioranza dichiaratamente islamista come nel resto del Nord Africa ma l'apparente normalità della situazione parlamentare si accompagna alla forte instabilità sul versante della sicurezza interna e del controllo dei confini. Quest'ambivalenza viene confermata se si guarda al lungo periodo: da un lato, si registra una solida rendita petrolifera che è già tornata ai livelli precedenti al conflitto, dall'altra permane la difficoltà di (ri-)costruire le tipiche strutture dello stato, come l'esercito e la burocrazia, la cui carenza è un elemento di decisiva debolezza per il paese. Il processo elettorale non ha ancora dato luogo alla formazione di un governo, sebbene sia stato recentemente nominato primo ministro Ali Zidan. Contestualmente, il processo costituzionale rimane bloccato di fronte alla scelta se demandare la redazione della nuova carta ad una commissione eletta o nominata. In ogni caso, la scadenza inizialmente prevista per il referendum confermativo della nuova costituzione (quattro mesi dalla prima riunione del parlamento) dovrà molto probabilmente essere rinviata. I fedeli al vecchio regime sono, insieme alle milizie salafite, una delle maggiori minacce alla stabilità della Libia e anche l'attacco dell'11 settembre contro il consolato americano a Bengasi potrebbe essere stato opera di una delle due forze, o addirittura di una combinazione tra le due. Allo stesso tempo, alcune delle milizie di tendenza islamista sono state integrate nella struttura statale sotto le insegne delle Forze di Scudo Libiche (parallele all'esercito) e del Comitato Supremo di Sicurezza (SSC) che tuttavia sembrano non rispondere in alcun modo alle autorità civili. Rimane al contempo molto grave l'esplosione dei conflitti locali nelle "periferie" meridionali e orientali del Paese, che mettono in luce la natura non strettamente militare delle minacce alla sicurezza della Libia: giocano un ruolo molto forte l'indeterminazione dei diritti di proprietà, l'incerto quadro giuridico, il clientelismo nella gestione delle risorse, oltre alla mancata integrazione delle minoranze. La situazione economica, al contempo, mostra netti segnali di miglioramento, dovuti però in gran parte al ritorno ai livelli pre-bellici della produzione petrolifera. Il superamento della struttura tipica dei Rentier States, ricchi di idrocarburi e poveri di rappresentanza politica, sarà una delle sfide per il futuro. Dopo aver fornito un quadro politico ed economico della Libia post-elezioni parlamentari, il presente studio evidenzia anche alcune aree di possibile intervento sia per il nostro Paese che per l'Europa: il sostegno al processo costituzionale, la revisione delle politiche sull'immigrazione, la fornitura di expertise per il processo di costruzione di un efficiente apparato statale.

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