Print version

Osservatorio sulla Difesa Europea, dicembre 2002

15/12/2002

13-16 Dicembre 2002 
Accordo UE-NATO “Berlin +”

In seguito ad un scambio di lettere avvenuto il 13 e il 16 Dicembre fra i rispettivi organi decisionali politici, il 16 Dicembre l’Unione Europea e l’Alleanza Atlantica hanno firmato un comunicato congiunto che ufficializza il raggiungimento dell’accordo permanente di cooperazione noto come “Berlin +”. In sostanza, le due istituzioni riconoscono mutuamente il loro ruolo nel contribuire alla sicurezza europea e stabiliscono una partnership basata sulla consultazione e la cooperazione in un rapporto di reciproca autonomia. L’Ue si impegna a coinvolgere nella Pesd i membri europei della Nato che non sono membri dell’Unione, mentre la Nato garantirà il proprio supporto, anche in termini di accesso ai propri mezzi militari, alle missioni dell’Ue in cui l’Alleanza Atlantica non dovesse essere direttamente coinvolta. Gli accorgimenti pratici per l’implementazione dell’accordo dovranno essere definiti ed adottati entro il 1 Marzo 2003. Una volta divenuto operativo l’accordo, l’Ue potrebbe subentrare alla Nato in alcune delle missioni in cui essa è già impegnata nei Balcani.

Il raggiungimento dell’accordo permanente che permette di stabilire un legame formale fra le due istituzioni e garantisce all’Ue l’accesso agli assets Nato di cui necessita per predisporre le prime missioni militari nell’ambito dei compiti di Petersberg, giunge dopo un lungo periodo di tentativi frustrati dalla resistenza opposta dalla Turchia. Si tratta pertanto di un obiettivo importante, senza il raggiungimento del quale l’operatività della Pesd sarebbe stata minata da disaccordi politici e carenze militari. Si dovranno ora testare i meccanismi decisionali e di generazione della forza per verificare il buon esito degli accordi raggiunti. In termini di capacità, l’Ue potrà accedere alle strutture di pianificazione, comando e controllo, comunicazione (anche satellitare) e supporto logistico resi disponibili su base permanente dalla Nato, nonché alla flotta degli AWACS. Si tratta di un apporto rilevante per le prime missioni che l’Unione si accinge a guidare. La complementarietà fra iniziative Nato e Ue in ambito di difesa rimane comunque da verificare, in quanto essa potrebbe essere raggiunta in un ambito di specializzazione della forza europea in sole operazioni di stabilizzazione, il che inficerebbe la visione di lungo termine della Pesd.

12-13 Dicembre 2002 
Consiglio Ue - Missioni Pesd, Allargamento

Il Consiglio Europeo riunitosi a Copenhagen al termine della Presidenza danese dell’Unione ha approvato il dossier relativo all’allargamento dell’Unione. Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro diverranno membri dell’Ue dal 1 Maggio 2004; il Consiglio auspica di poter risolvere la questione della divisione di Cipro entro il 28 Febbraio 2003, altrimenti si preparerà ad accogliere nell’Unione la sola parte sud (greco-cipriota) dell’isola. Per Bulgaria e Romania si prospetta una possibile adesione nel 2007, mentre nei confronti della Turchia è previsto l’avvio dei negoziati di adesione a seguito del Consiglio del Dicembre 2004, se saranno soddisfatti a quella data i criteri per l’adesione (cosiddetti criteri di Copenhagen). E’ stato inoltre affrontato e risolto il nodo dei rapporti con l’Alleanza Atlantica, permettendo pertanto di dichiarare nelle conclusioni della Presidenza l’intenzione di subentrare nella primavera 2003 alla Nato nelle missioni di stabilizzazione in corso in Macedonia-Fyrom (Allied Harmony, in precedenza nominata Amber Fox) e Bosnia Herzegovina (Sfor). La questione dei rapporti con la Nato è stata chiarita nel secondo allegato delle Conclusioni della Presidenza, nel quale si afferma che gli accordi raggiunti si applicheranno solo ai membri dell’Ue che abbiano anche concluso accordi bilaterali con la Nato. Ciò significa che Cipro e Malta saranno al momento esclusi dalla partecipazione in operazioni militari dell’Ue in cui sono coinvolti assets Nato, pur godendo di tutti gli altri diritti che discenderanno dal loro prossimo ingresso nell’Unione.

Al di là del raggiungimento dell’accordo permanente con la Nato (vedi notizia precedente), il Consiglio Europeo di Copenhagen verrà ricordato come il Vertice dell’allargamento. L’allargamento impatterà sull’Europa della difesa in diversi modi; se da un lato si incrementano gli spazi di sicurezza dell’Unione e il potenziale bacino di contribuzione alle forze militari, non si devono dimenticare alcuni problemi. Innanzi tutto, si propone nuovamente la questione della differenziazione delle membership con la Nato; inoltre, la gestione del rafforzamento della Pesd diventa potenzialmente più difficile, poiché non è difficile ipotizzare l’opposizione di alcuni paesi, in particolare di quelli appena divenuti membri dell’Alleanza Atlantica. Nuovamente, senza qualche meccanismo che eviti il blocco dovuto alla procedura di decisione all’unanimità la Pesc e la Pesd rischiano di doversi ridurre all’accordo minimo raggiungibile fra tutti i membri. Solo una forte spinta della Convenzione verso l’adozione di sistemi di astensione costruttiva o di cooperazione rafforzata in ambito sicurezza e difesa possono scongiurare il rischio. L’impazienza dell’Unione nel rendere operativi gli accordi raggiunti dopo notevoli sforzi e resistenze ha portato inoltre ad una dichiarazione di impegno nei Balcani che ha colto di sorpresa alcuni; l’entusiasmo è giustificato, ma si deve evitare che l’impegno iniziale nei Balcani impedisca l’ingaggio in operazioni di maggiore portata nel prossimo futuro. Le operazioni in Macedonia e Bosnia devono essere percepite come le prove pratiche per un sempre maggior coinvolgimento dell’Europa negli scenari internazionali che richiedono l’impiego della forza militare e non come il raggiungimento del massimo delle aspirazioni della Pesd. In altre parole, va rigettata con le parole e con i fatti l’interpretazione estremamente riduttiva dei compiti di Petersberg che viene data da alcuni paesi membri dell’Unione o partner, che vorrebbe l’Ue coinvolta in sole operazioni di stabilizzazione a bassa intensità che non permettono di impattare sulle reali grandi problematiche né di svolgere un ruolo attivo nell’arena internazionale.

20 Dicembre 2002 
Convenzione UE - Gruppi PESC e PESD

Sono state presentate le relazioni dei Gruppi di lavoro Difesa (presieduto da Michel Barnier) e Azione Esterna (presieduto da Jean-Luc Dehaene) della Convenzione Europea. I documenti non presentano una posizione unanime condivisa da tutti i membri ma propongono diverse linee di indirizzo per la Convenzione. Il livello di comunitarizzazione delle politiche estere e di difesa nazionali ritenuto accettabile dai paesi membri è infatti piuttosto differenziato. In particolare, i paesi “neutrali” sono sostanzialmente contrari a soluzioni troppo avanzate, mentre Spagna e Regno Unito esprimono preoccupazione per eventuali problemi di coordinamento con la Nato in materia di difesa collettiva; sul fronte opposto, Francia e Germania sembrano più propense a sviluppare una vera e propria politica di difesa in ambito europeo. E’ inoltre emerso un problema di coordinamento fra i due gruppi di lavoro, in particolare dal momento che alcune soluzioni istituzionali identificate dal primo impattano direttamente sulla questione della gestione delle crisi analizzata dal secondo. Il rapporto Difesa, ora al vaglio del Plenum della Convenzione, propone di: - aggiornare le missioni di Petersberg includendovi la prevenzione dei conflitti, i programmi di controllo degli armamenti, l’assistenza militare a paesi terzi, la stabilizzazione post-conflitto e il supporto nella guerra al terrorismo. - garantire la coerenza e l’efficienza del crisis management tramite opportuni accorgimenti istituzionali e di finanziamento che sviluppino il ruolo dell’Alto Rappresentante, proposte da raccordare con le indicazioni del Gruppo Azione Esterna - migliorare le procedure decisionali, allargando gli ambiti di applicazione delle regole di astensione costruttiva e di decisione a maggioranza e permettendo forme di cooperazione rafforzata - adottare una clausola di solidarietà che permetta l’impiego di ogni strumento a disposizione dell’Unione nella lotta al terrorismo internazionale, pur senza configurare una clausola di difesa collettiva; la proposta di inserire nel Trattato tale clausola è estremamente controversa - incrementare la cooperazione in materia di armamenti, creando una Agenzia Europea degli Armamenti a livello intergovernativo; il livello di approfondimento di questa iniziativa ritenuto accettabile varia a seconda dei paesi, fino a configurare per alcuni una struttura responsabile dello sviluppo delle capacità militari da incentivare tramite l’adozione di precisi parametri d’adesione - definire formalmente un Consiglio Difesa.

I lavori del Gruppo Difesa hanno messo in evidenza la difficoltà a conciliare le diverse posizioni dei paesi membri circa il sensibile ambito della comunitarizzazione della sicurezza, decisivo per il futuro del ruolo dell’Unione nel mondo. La rinuncia a trovare un accordo unanime ad ogni costo ha permesso al Gruppo di avanzare proposte talora decisamente indirizzate verso una sensibile accrescimento del ruolo della Pesd in ambito comunitario. Allo stesso tempo però è mancato il supporto sufficiente a raccomandazioni ancor più indirizzate a sviluppare una vera e proopria Difesa Europea. Davanti alle divergenze fra gli stati membri, emerge con forza l’esigenza di riformare le istituzioni e le procedure decisionali permettendo ai paesi più volenterosi di realizzare in ambito Ue la messa in comune delle proprie politiche e risorse, svincolandosi dalla formula dell’unanimità. Il testo che ora il Plenum della Convenzione è chiamato a stilare tenendo conto delle raccomandazioni dei Gruppi di Lavoro e a presentare alla Conferenza Intergovernativa (Cig) rappresenta un passo decisivo verso il rafforzamento dell’Unione. Uno dei problemi principali che la Cig dovrà affrontare sarà la disponibilità a coniugare all’interno di una politica comune dell’Ue la possibilità di condurre azioni e iniziative che investono solo un gruppo ristretto (o più gruppi) di paesi, secondo formule che ricordano in qualche modo l’esperienza delle Combined Joint Task Force (Cjtf) della Nato. Senza le necessarie riforme e supporti politici, l’Ue e gli stati che la compongono saranno destinata a giocare un ruolo minoritario e puramente reattivo nell’arena internazionale, come sta dimostrando l’evoluzione della crisi in Irak.