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Japan's Approach to Northeast Asian Security: Between Nationalism and (Reluctant) Multilateralism

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30/01/2017

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe vuole che il Giappone diventi un paese più “normale” in termini di politiche di sicurezza e di difesa. Al fine di portare la politica di sicurezza a un nuovo livello di “normalità” Abe ha investito un enorme capitale politico e risorse nel reinterpretare la costituzione pacifista del paese. Ciò ha permesso alle forze armate di Tokyo l’esercizio del diritto di autodifesa collettiva come formulato nel capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Nel 2015, inoltre, il governo guidato da Abe ha spinto il parlamento ad adottare un controverso pacchetto di leggi di sicurezza nazionale, che consentono alle forze armate del paese una migliore difesa militare del territorio giapponese, da soli o con gli Stati Uniti nel quadro dell’accordo bilaterale di sicurezza Usa-Giappone. Sulla base di tali fondamentali modifiche al programma di sicurezza di Tokyo il Giappone può allargare le vecchie alleanze e stabilirne di nuove con paesi quali l’Australia, l’India, le Filippine, l’Indonesia e il Vietnam, al fine di contrastare la potenziale minaccia rappresentata dall’espansionismo territoriale della Cina nel Mar Cinese Meridionale. L’alleanza di sicurezza bilaterale di Tokyo con Washington potrebbe subire modifiche nei prossimi mesi sotto la presidenza di Donald Trump. Allo stesso tempo il nazionalismo giapponese e il revisionismo storico propugnati da Abe e dai suoi sostenitori continueranno a impedire al Giappone il raggiungimento di una riconciliazione accettabile con la Corea del Sud e la Cina. Tutto ciò sembra indicare che l’interesse di Tokyo per l’Iniziativa di pace e cooperazione nel nord-est asiatico sponsorizzata dalla Corea del Sud (Northeast Asia Peace and Cooperation Initiative, Napci) rimarrà, nella migliore delle ipotesi, molto limitato.

Paper presentato alla conferenza internazionale “Trust-building in North East Asia and the Role of the EU” organizzata a Roma il 21 ottobre 2016 dall'Istituto Affari Internazionali (IAI) con il sostegno della Korea Foundation (KF).

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