Erdoğan, the Kurds, and Turkey's Presidential Elections
A giudicare dall'anno appena trascorso, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan ha una capacità di restare al potere che altri politici possono solo sognare. Ha retto a una serie di proteste antigovernative, a una spettacolare spaccatura con la comunità Gülen e a uno scandalo su casi di corruzione, molto vicino al governo e che ha apparentemente lasciato il segno. Dopo ognuna di queste vicende qualche commentatore ha iniziato a scrivere il necrologio politico di Erdoğan, che però non solo è ancora vivo e vegeto, ma è probabilmente più forte di mai. Oggi, dopo aver ricoperto la carica di primo ministro per il periodo massimo di tre mandati, Erdoğan sta veleggiando verso la presidenza, da conquistare con il voto popolare del 10 agosto, intenzionato a trasformare questa carica - finora prevalentemente rappresentativa - nel braccio "forte" del potere esecutivo. Difficile che qualcuno lo possa fermare, inclusi i suoi due avversari. In Turchia i commentatori ormai non mettono più in dubbio la sua vittoria, ma si chiedono solo se la otterrà al primo o al secondo turno. E quindi la questione non è tanto come il voto dei curdi possa influenzare le elezioni, ma piuttosto come le elezioni influenzeranno il processo di pace con i curdi.
Documento prodotto nell'ambito del progetto Turkey, Europe and the World.
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Dati bibliografici
Roma, Istituto affari internazionali, luglio 2014, 3 p. -
Numero
Commentary 13
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