Morire di austerità. Democrazie europee con le spalle al muro
Una crisi che non ammette la ricerca di capri espiatori, soluzioni semplicistiche o ricette miracolistiche. Una crisi con radici politiche dalla quale si può uscire solo assorbendo i cambiamenti culturali che nel terzo millennio coinvolgono l'economia, la geopolitica e le istituzioni. Una crisi che premia i paesi del welfare che diventano vincenti perché riescono a continuare a garantire un futuro ai propri giovani.
“Morire di austerità. Democrazie europee con le spalle al muro”, il libro scritto da Lorenzo Bini Smaghi ed edito da Il Mulino, è una critica serrata al regime di austerity adottato dalle democrazie europee. Nato come chiave di lettura della crisi per i giovani studenti americani, si rivela uno strumento utile anche ai 'non addetti ai lavori'.
La presentazione del volume, svoltasi a Roma nella sala dell’autorità di garanzia della privacy, Piazza Monte Citorio, il 7 maggio, è stata introdotta dal direttore dello IAI Ettore Greco e moderata dall'editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito, con interventi, oltre che dell'autore del libro, ex membro del comitato esecutivo Bce, ora senior visiting fellow IAI, di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio, Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, e Gaetano Quagliariello, ministro per le riforme costituzionali.
Lo Bello lancia un appello alle istituzioni italiane: guardare agli interessi generali del paese, prendendo decisioni proiettate sul lungo periodo, e accordarsi sulle grandi questioni, per ridurre l'attuale debolezza strutturale della democrazia. Una classe dirigente che, al di là delle singole coalizioni politiche, dovrebbe dare maggior rilievo al tema dell'istruzione, come fece in Germania il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, consapevole della rilevanza per la crescita economica del paese.
La competitività dell'Italia, per Bini Smaghi. non è cresciuta nonostante le riforme del mercato del lavoro e delle pensioni. A causa dell'incapacità del sistema politico e della debolezza della democrazia, il paese resta, sulla scorta dei dati dell'Ocse, fanalino di coda nella crescita economica europea degli ultimi dieci anni. Ma la competitività può ancora migliorare con una maggiore apertura dell'Italia al commercio globale, sull'esempio della Germania della cancelliera Angela Merkel.
“Accanto alla spirale recessiva di tipo economico, c’è una spirale recessiva di tipo politico”, sostiene Quagliariello: il rigore, indispensabile per evitare la 'morte per austerità', viene alimentato non dallo sviluppo e dalla crescita dei paesi europei, ma dalla leva fiscale progressivamente più asfissiante. Una “spirale perversa” a cui spesso si affianca la perdita di buona parte del sostegno popolare alla leadership politica, mancante della visione d’insieme e di lungo periodo. Quest'intreccio politico-economico si rivela la radice della crisi epocale che sta investendo le democrazie rappresentative nate nell’ ‘800. Di fronte alla compressione del tempo utile alla sedimentazione del giudizio istituzionale, dovuta al ruolo crescente della televisione, dei social network e dei sondaggi, il politico non riesce a prendere decisioni lungimiranti per la propria nazione.
I paesi rimasti a “metà del guado” devono “continuare a nuotare verso l'Europa” e, afferma Amato, l'Ue deve adottare interventi anticiclici sull'esempio del sistema federale americano, per mantenere vive le economie degli stati membri senza curarne la competitività e/o pagarne i debiti. Ogni economia dell’eurozona deve risolvere i propri problemi e rendersi combattiva dall’interno, mentre l'Unione deve puntare all'integrazione degli organismi sovranazionali per aumentarne i poteri fiscali ed economici utili al riequilibrio degli shock interni.