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Impact of Arab upheavals on Arab civil-military relations

05/04/2012, Roma

La “primavera araba” offre l'opportunità di avviare un’analisi approfondita delle relazioni civili-militari nel mondo arabo. Per l’Occidente tale analisi dovrebbe essere una priorità, dal momento che potrebbe fornire il quadro di riferimento per comprendere meglio i cambiamenti in atto in tutta la regione e, conseguentemente, produrre valutazioni più credibili su cui impostare eventuali risposte politiche.

Lo IAI è lieto di avere invitato ad esporre le proprie opinioni sull’argomento Robert Springborg, professore presso il Dipartimento di Affari di Sicurezza Nazionale della Naval Postgraduate School e Program Manager per il Medio Oriente per il Centre for Civil-Military Relations. Secondo il prof. Springborg le relazioni civili-militari nella regione sono fortemente caratterizzate da quattro distinti elementi, che rendono più difficile un paragone con altre regioni in cui le relazioni civili-militari hanno preminenza: gli introiti statali dovuti agli idrocarburi, l’esistenza di gruppi sociali e politici islamisti, il grado di intervento esterno negli affari interni degli stati regionali e la variegata tipologia degli stati in questione.

Esistono profonde differenze fra le modalità in cui gli stati arabi, siano esse monarchie o repubbliche, controllano le loro forze armate. Tra le repubbliche un'ulteriore distinzione deve essere fatta tra quelle che si appoggiano considerevolmente sulle forze armate a causa del fatto che il regime è espressione di una minoranza religiosa o etnica/tribale (Siria, Yemen, Libia), e quelle dove invece il regime ha una natura più istituzionalizzata, in cui le forze armate hanno un vincolo di lealtà con lo stato per lo meno altrettanto forte, se non più forte, che con il regime al potere (Egitto, Tunisia). Tuttavia, un comune denominatore tra i paesi MENA è quello che il prof. Springborg ha definito un approccio "sultanistico" dei regimi arabi nei confronti delle forze armate. I regimi MENA hanno tradizionalmente visto nei militari una potenziale minaccia alla loro sopravvivenza e hanno quindi adottato diverse misure volte a limitarne le attività e/o cooptarne il personale. Controllo politico e amministrativo, clientelismo, spezzettamento della linea di comando, impiego di mercenari e nepotismo sono solo alcuni esempi di questi metodi.

Infine, guardando al ruolo delle forze armate in Egitto e Tunisia, il prof. Springborg ha sottolineato come le prospettive di una transizione graduale appaiano più favorevoli in Tunisia grazie all’esistenza di una società omogenea e all'influenza significativamente limitata dell'esercito sull'economia . In Egitto, invece, sta emergendo uno scontro sempre più evidente tra i due principali attori: gli islamisti, dei quali i Fratelli Musulmani rappresentano la forza più organizzata, e il Consiglio supremo delle forze armate che controlla il governo sin dalla caduta del presidente Mubarak. Contrariamente a quanto è successo in passato, oggi le forze armate egiziane non sembrano in grado di replicare la combinazione di cooptazione e repressione con cui hanno tradizionalmente tenuto sotto scacco gli islamisti, il che rende estremamente difficile azzardare previsioni sul futuro assetto politico dell’Egitto.

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