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EU and the South Caucasus: What Next for the Eastern Partnership?

08/10/2014, Roma

Sfide e successi e sopratutto futuro del Partenariato orientale tra l'Unione europea e il sud del Caucaso sono stati i temi al centro della conferenza promossa dallo IAI l'8 ottobre a Roma, nell'ambito del progetto "Azerbaijan, Caucaso e Ue: verso una stretta collaborazione?".

Sul tema della Conferenza, “Ue e Sud Caucaso: quale futuro per il partenariato orientale?”, Amanda Paul, analista politica presso il think thank European Policy Center, ha rilevato come “Armenia, Georgia e Azerbaijan abbiano diversi livelli di legame con l’Ue”. La nuova politica espansionistica Russa verso l’area degli ex stati sovietici, ha portato infatti Erevan ad abbandonare temporaneamente gli accordi di associazione europei, per prendere parte all’Unione doganale promossa dalla Russia. La Georgia al contrario considera ancora strategica l’alleanza con l’Europa in termini di sicurezza e d’indipendenza dal Cremlino, grazie alla stipula degli Accordi di Associazione, insieme a Ucraina e Moldavia, nel giugno scorso. L’Azerbaijan da parte sua, pur non avendo alcuna intenzione di partecipare all’Unione Europea né all’Unione Doganale Russa, continua a negoziare sui programmi di Partnership Strategica per la Modernizzazione e sugli Accordi di Associazione, mantenendo centrale la relazione in campo energetico con l’Unione.

Konrad Zasztowt, analista dell’Istituto Polacco per gli Affari Internazionali, ha posto l’accento sulle nuove sfide che attendono l’Europa: Mosca sta influenzando la Georgia a rinunciare al suo cammino di integrazione alimentando i sentimenti anti europei mentre l’Europa deve rafforzare i propri accordi bilaterali anche nel campo della sicurezza. “Dal 2008, notevoli risultati sono stati raggiunti nel controllare i conflitti nell’area, grazie alle missioni di monitoraggio nell’Abkhazia del sud e nell’Ossezia, ma nuovi sforzi dovranno essere attuati soprattutto in Nagorno-Karabakh, regione teatro di scontri tra Azeri e Armeni”, ha affermato Zasztowt.

A tal proposito, Gulshan Pasheveya, Vice direttore del Centro Studi Strategici di Baku, ha rilevato come la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea debba non solo partire da accordi strategici economici ed energetici, ma assumere un ruolo di mediatore civile nei conflitti in corso, come nel Karabakh anche coinvolgendo in primo piano la società civile.

Le conclusioni di Jos Boonstra, Dirigente di Ricerca dell’Istituto FRIDE, indicano che è necessario riesaminare i programmi di partenariato europei, rafforzando gli accordi bilaterali con il coinvolgimento attivo della società civile. Infine il Servizio europeo per l’azione esterna deve essere integrato con i programmi delle altre commissioni mentre gli Stati membri dell’Unione devono continuare a coinvolgere la società civile, com’ è stato durante le dimostrazioni di piazza Maidan nella primavera scorsa.

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