Economic transition in Azerbaijan and relations with Italy
Proprio mentre dall’Azerbaigian arrivano conferme sulla possibile realizzazione del Nabucco, il gasdotto che dovrebbe trasportare 31 miliardi di metri cubi di metano dall'Asia all'Europa, alcuni esperti del settore e alcuni rappresentanti di investitori italiani in territorio azero si sono confrontati, in una tavola rotonda organizzata a Roma da IAI e Unicredit, sul tema della transizione economica in Azerbaigian e sui rapporti con l’estero del Paese, in particolare con l’Italia.
L’economia azera mostra da qualche anno degli importanti segni di crescita, attribuibili per lo più alla crescente importanza del settore dell’esportazione di petrolio, ma anche ai cosiddetti ‘Foreign Direct Investments’, gli investimenti diretti esteri, che hanno dato uno slancio positivo allo sviluppo del Paese sin dal raggiungimento dell’indipendenza del 1991. Allora la regione si trovò ad affrontare un grande dilemma: essere satellite di qualche grande paese o creare un proprio sistema economico indipendente, basato su relazioni di mercato, così da essere proprietaria delle proprie risorse naturali. L’Azerbaigian scelse la seconda via e, in questo contesto, sin dal 1995, ha iniziato ad attrarre cospicui investimenti esteri in vari settori, oltre a quello principale del petrolio e del gas naturale.
La attuale crisi finanziaria ha, però, evidenziato tutti i rischi derivanti da una eccessiva dipendenza dell’economia azera dalle esportazioni di petrolio. Come hanno sottolineato i relatori, l’obiettivo del Paese deve essere ora quello di una diversificazione settoriale dell’economia, che permetta un ampiamento dei settori di investimento sia estero che interno. L’Azerbaigian, ha affermato Fikrat M. Pashayev, professore all’Università di Baku, sarebbe pertanto entusiasta dello sviluppo di una nuova forma di economia non basata esclusivamente sul petrolio e questa priorità si abbina perfettamente alle forze delle imprese italiane, maggiormente impegnate in questi ambiti.
Alcuni rappresentanti di imprese italiane investitrici in territorio azero, come la stessa Unicredit, Saipem e IRD Engineering, hanno quindi illustrato, a conclusione dei lavori, i progetti attualmente in via di sviluppo in Azerbaigian, che vanno da specifici adeguamenti nel settore delle infrastrutture a partnership o joint venture finanziarie con imprese locali, il cui coinvolgimento diretto nella realizzazione dei progetti è un elemento fondamentale della strategia di presenza sul territorio di tutte le aziende italiane in campo.
Tutto questo si inserisce, però, in un problematico contesto politico-sociale, rappresentato dalla attuale situazione dei diritti umani nel paese, che, al momento, sembra molto preoccupante, come ha evidenziato il professor Jens Hölscher dell’Università di Brighton. Amnesty International segnala che, da aprile 2011, si trovano in carcere 17 prigionieri politici. Le manifestazioni pacifiche di protesta continuano ad essere puntualmente vietate o disperse con la violenza. Non brilla nemmeno la libertà di stampa: Reporter senza frontiere colloca il paese al 162° posto (su 179) nella sua classifica sulla libertà di stampa, dietro Pakistan, Afghanistan e Iraq. La corruzione continua a mostrare livelli molto elevati: l'Azerbaijan si trova in basso nella classifica di Transparency International, al 143° posto in un'elenco di 182 paesi.
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