Print version

The Anatomy of the AKP/Gulen Rift in Turkey

19/02/2014, Roma

“E’ facile perdersi nell’analisi dello scenario politico presente oggi in Turchia”: esordisce così Ömer Taşpinar esperto di Turchia e di Medio Oriente, professore presso il National War College e alla Johns Hopkins University, ospite del convegno ‘The Anatomy of the AKP / Gulen Rift in Turkey’, svoltosi il 19 febbraio presso la sede dello IAI a Roma. “Negli ultimi anni l’instabilità è aumentata, complici gli scandali che hanno colpito il maggiore partito nazionale, l’Akp del premier Erdogan, e la lotta per il potere che vede contrapposti vari partiti, ma soprattutto l’Akp e il movimento sociale del maggiore antagonista di Erdogan, Fethullah Gülen”.

Gülen, tra i più influenti intellettuali del mondo islamico, ha lanciato una crociata contro la corruzione del partito al potere, crociata che sembra trovare largo consenso tra il popolo turco, tanto che ormai si parla del suo movimento come di “uno stato nello stato”.

“Gulen si schiera contro l’islamismo conservatore di Erdogan – spiega Omer Taspinar –, cercando di tagliare i ponti con il mondo islamico rappresentato dalla Umma dei Fratelli Musulmani ed enfatizzando al contrario le radici ‘anatoliche’ del popolo turco più vicine all’Occidente. Infatti Gulen, al contrario di Erdogan, è un forte sostenitore dell’adesione della Turchia all’Unione europea e della secolarizzazione delle istituzioni del Paese”.

“Se da un lato è realistico pensare che negli ultimi anni Erdogan abbia abbandonato l’islamismo più estremista, concentrandosi sulla promozione di riforme interne e sull’avvio di un dialogo con l’Ue e favorendo una crescita economica turca contante, è pur vero che i due leader rimangono distanti sul piano ideologico. Come ad esempio sulla questione dell’Iran: Erdogan enfatizza la rivoluzione iraniana del 1979, vedendo positivamente la fine della monarchia persiana (secolarista e progressista) sostituita dalla repubblica islamica e dalla sharia. Al contrario Gulen vede nell’Iran il concretizzarsi di tutte le minacce alla democrazia e al progresso”.

E il popolo turco pare dargli ragione, come testimoniato dalle rivolte di piazza Taksim dell’estate scorsa. Taspinar tiene anche a “sfatare il mito (tutto occidentale) della rampante ripresa economica turca: il Paese non sta così bene come appare, le crepe degli scandali interni legati alla corruzione e al clientelismo dei partiti si stanno riflettendo sulla società e sull’economia, mentre Erdogan sta virando verso un’espressione del potere sempre più autoritaria e, pur mantenendo un elevato consenso tra il popolo, non ha più l’appoggio maggioritario dell’elettorato. La prova del nove saranno le prossime elezioni locali, alle quale mancano meno di due mesi: quello del 30 marzo 2014 sarà un test cruciale da cui potrà dipendere il futuro politico del premier e di tutta la Turchia”.

Contenuti collegati