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Prospects for cooperation between the GCC and the EU

29/03/2012, Roma

Dalle prospettive di cooperazione con l’Ue, presa a modello per il raggiungimento di più alti livelli di integrazione, alla controversa questione del programma nucleare iraniano, che pone non pochi rischi alla stabilità e alla sicurezza nell’intera regione: così Aziz Abu Hamad Aluwaisheg, assistente del segretario generale del Concilio di Cooperazione del Golfo, ospite il 29 marzo allo IAI, ha ricostruito le prospettive internazionali dei sei Stati del Golfo Persico membri dell’organizzazione.

In un contesto di fermento e d’insicurezza, ormai diffuso in tutto il Grande Medio Oriente, il ruolo dell’Europa – ha affermato Aluwaisheg – è fondamentale e cresce esponenzialmente. In particolare, la cooperazione strategica e ad ampio raggio tra l’Ue e il Gcc, nata ufficialmente con un accordo di cooperazione nel 1988, potrebbe portare a risultati tangibili e a benefici rilevanti non solo per la stabilità nel Golfo, ma anche per l’economia e gli interessi dell’Europa.

Quello che ora bisogna fare è aprire le porte a future e più consistenti relazioni tra i due “insiemi”, rivedendo alla luce dei recenti sviluppi politico-sociali gli obiettivi del Joint Action Programme, il piano d’azione comune adottato dal consiglio ministeriale congiunto Ue-Gcc nel 2010 e contenente una mappa per lo sviluppo delle relazioni in 14 specifiche aree strategiche di reciproco interesse: dall’economia ai trasporti, dal commercio all’industria, dall’ambiente alla cultura e alla comprensione reciproca.

L’Europa – ho sottolineato, infine, Aluwaisheg – si rivela un partner importante anche sotto il profilo della sicurezza nucleare, all’interno di un più ampio piano condiviso di ‘crisis management’. Accanto al monitoraggio del territorio con risorse nucleari e alla previsione di un più accurato piano di evacuazione, i Paesi del Gcc devono tenere un occhio aperto anche sulla questione nucleare iraniana, per affrontare i seri rischi all’approvvigionamento e alla sicurezza derivanti da un eventuale chiusura dello strategico stretto di Hormuz, il più importante canale di transito petrolifero del mondo.

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