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Transatlantic Trends 2013

18/09/2013, Roma

Anche quest’anno – per la dodicesima edizione – il rapporto “Transatlantic Trends” non si fa attendere. Due le novità dell’indagine sull’opinione pubblica americana ed europea – condotta dal German Marshall Fund of the United States (GMF) e dalla Compagnia di San Paolo nel giugno 2013 – evidenziate dal Prof. Pierangelo Isernia, scientific advisor della ricerca. Innanzitutto, l’aggiunta di una sezione sull’immigrazione, fino ad ora oggetto di un rapporto specifico. Quindi, una leggera variazione del numero dei Paesi coinvolti nell’indagine: la Russia – new entry dello scorso anno – e la Bulgaria non sono presenti nel rapporto 2013.

Il viceministro per gli Affari Esteri Marta Dassù individua nel Transatlantic Trends 2013 “un atto di fiducia nella solidità del rapporto USA-Europa”. “Obama, contrariamente a quello che succede negli Stati Uniti, in Europa è popolarissimo e si segnala una simpatia nei suoi confronti e nei confronti della sua presidenza maggiore di quella che si ha nei riguardi dell’amministrazione USA nel suo complesso”, afferma il Prof. Isernia. Per Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera, non mancano i “campanelli d’allarme”, o quantomeno dei “segnali di cambiamento”. In primo luogo, il consenso europeo nei confronti degli Stati Uniti rimane invariato al 70% solo poiché il calo registratosi per alcuni Stati è controbilanciato dall’incremento avutosi in altri. È la “politica paralizzata degli USA”, secondo Sergio Fabbrini, direttore della School of Government della Luiss, con la spaccatura all’interno del Paese tra sostenitori e oppositori di Obama, a non renderli in grado di dare risposte su strategie e modelli di sviluppo. In secondo luogo, gli Europei avanzano richieste di maggiore autonomia, che si esplicano nella pretesa di un più forte ruolo dell’Europa sulla scena internazionale (con il dato interessante per cui è il Regno Unito a richiedere in misura superiore una leadership europea sul panorama mondiale) e nella volontà di ottenere una maggiore possibilità di non partecipazione alle guerre condotte dagli USA. Come sostiene Franco Venturini, sebbene permanga in Europa un giudizio positivo sulla essenzialità della NATO, pur significativo è il calo di sostegno (al di sotto del 50%) registratosi in Italia e Polonia.

Non a sorpresa, Americani ed Europei concordano nel ritenere la Cina un rilevante competitor economico. Se di minaccia indubbiamente trattasi, ancora Franco Venturini nota come non si possa far a meno di rilevare quanto essa rappresenti “la locomotiva della crescita che può esserci in Occidente”. E neppure trascurabile è il ruolo della Russia, da cui l’Europa dipende a livello energetico: “per un certo verso, petrolio e gas possono considerarsi armi più potenti di quelle nucleari”.

Quanto al ruolo dei Paesi emergenti, in particolare India, Brasile ed Indocina, “dal rapporto sembra esservi una grande incertezza, sia per gli Europei che per gli Americani, sul come guardare ad esso,” constata Ettore Greco, direttore dello IAI, per cui “si avverte la necessità che Europei e Americani perseguano una linea comune”.

Se le relazioni USA-Europa procedono tutto sommato bene – con le opportune precisazioni – è all’interno dell’Europa che non mancano i problemi, essenzialmente legati alla crisi economica. Riccardo Perissich, vice presidente esecutivo del Consiglio per le relazioni Italia-Stati Uniti, si concentra sui “risultati contraddittori” dell’indagine e nello specifico osserva che il punto centrale è da individuare nel “sistema iniquo ed inefficiente, che vede tutti insoddisfatti”. Di “nazionalismo anti-europeo” parla Ettore Greco, sottolineando che “la tecnica di scaricare su Bruxelles le responsabilità nazionali non funziona”. L’Europa – che continua a dare fiducia alle scelte adottate dalla cancelliera Angela Merkel per contrastare la crisi – si attende dalla Germania, post elezioni del 22 settembre, un ruolo di leadership politica, ruolo che difficilmente Berlino assumerà in tempi così turbolenti, ponendosi piuttosto come modello da emulare. “Sono rimasto colpito da un’affermazione trovata in un articolo in cui l’autrice Ulrike Guerot scrive che l’unico fattore che potrebbe indurre la Germania a superare queste esitazioni è una nuova fibrillazione dei mercati finanziari”, ammette il direttore dello IAI.

Sul versante dell’immigrazione, notevoli sono le preoccupazioni dell’opinione pubblica, soprattutto quando essa avviene in maniera illegale. Emerge “l’ansia da sensazione di essere circondati”, commenta il prof. Isernia, e “sicuramente il dato che sorprende è l’enorme distanza tra la percezione di quanti immigrati ci siano e il numero reale di immigrati presenti sul territorio”.

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