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Transatlantic Trends 2012

12/09/2012, Roma

Ai primi di agosto, in un’intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il premier italiano Mario Monti esprimeva la sua preoccupazione per un emergente sentimento antitedesco nel nostro Paese; ed era ansioso per la “miopia” con cui si sta affrontando la crisi politico-economica che potrebbe portare - diceva - ad una “dissoluzione psicologia dell’Europa”. E, un mese dopo, ai primi di settembre, ancora Monti lanciava, da Cernobbio, la proposta, condivisa dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, di un Vertice straordinario contro euro-scetticismi e populismi, in Campidoglio, luogo simbolo dell’integrazione europea.

Certo, le due sortite del professore precedevano il ‘mercoledì da leoni’ dell’Unione, dopo la decisione della Bce di acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà: il via libera, sia pure condizionato, al fondo salva Stati e al Patto di Bilancio da parte della Corte Suprema tedesca; il rilancio della prospettiva federale nel discorso sullo stato dell’Unione del presidente della Commissione José Manuel Barroso; e la vittoria degli euro-tiepidi, con la sconfitta degli euroscettici, nelle elezioni politiche anticipate olandesi. Ma “gli appelli di Monti a riflettere su come gli europei affrontano la crisi”, e sull’avanzata dell’euroscetticismo, “trovano una base nel Transatlantic Trends 2012”, secondo il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise.

Il Transatlantic Trends è un rapporto del German Marshall Fund promosso dalla compagnia di San Paolo e da altre organizzazioni e presentato a Roma dall’Istituto Affari Internazionali in contemporanea mondiale. Esamina e misura l’orientamento dell’opinione pubblica su diversi temi che quest’anno hanno compreso la crisi del debito sovrano europea e le elezioni presidenziali americane. “E’ uno studio utile per giungere a percezioni più acute dei problemi e per capire come la crisi sta influenzando l’opinione pubblica”, ha osservato Ettore Greco, direttore dello IAI.

“Il rapporto”, ha continuato, “fornisce dati rassicuranti sul fronte transatlantico: i rapporti tra Stati Uniti ed Europa sembrano buoni”. Più cauto il professore Mario Deaglio, ordinario di economica internazionale all’università di Torino: “Europa e America sono come cugini di seconda generazione: sono legati ma finiranno per allontanarsi”.

Ma l’attuale buona salute dei rapporti transatlantici, secondo Pierangelo Isernia, consulente scientifico di Transatlantic Trends, “è soprattutto merito di Obama”, il cui operato in politica estera è apprezzato da oltre l’80% dei cittadini europei, gran parte dei quali voterebbe per lui. E a proposito di elezioni, Emiliano Alessandri, ricercatore del Transatlantic Trends, ha espresso le sue preoccupazioni per le tendenze isolazioniste del partito repubblicano di Romney: “potrebbe essere lo spettro temuto in Europa di un partito populista al governo”.

Di “deriva populista” ha parlato anche Vittorio Emanuele Parsi, professore di relazioni internazionali all’università cattolica del Sacro Cuore di Milano: “E’ il risultato della tempesta perfetta che stiamo vivendo. C’è rassegnazione e sfiducia nell’idea che la classe politica possa risolvere i problemi”. All’Italia in particolare, secondo Isernia, manca una buona dose di orgoglio nazionale e la capacità di guardare oltre i confini europei, “come ha fatto la Turchia nel suo periodo più buio”. In Europa, ha aggiunto Greco, “è necessario trovare un Paese che sia in grado di esercitare una leadership: la Germania sembra la candidata migliore e per questo l’Italia deve collaborarci”.

Convinzione, questa, rafforzata da Sergio Fabbrini, direttore della School of Government della Luiss: “Angela Merkel è considerata la leader dell’Unione europea, a dispetto di Van Rompuy e Barroso”. Il 52% dei cittadini dell’Ue, infatti, giudica l’operato del cancelliere tedesco nella gestione della crisi migliore di quello dei presidenti del Consiglio e della Commissione europei. Sono soprattutto gli svedesi, i tedeschi e i turchi ad essere soddisfatti del proprio governo; non si può dire altrettanto degli altri cittadini dell’Unione, specie di italiani, spagnoli e portoghesi. Emerge, quindi, “una spaccatura fra nord e sud Europa sulle politiche economiche”, come sottolineato da Luca Remmert, vice presidente della Compagnia San Paolo.

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