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Quadrare il cerchio nell'Eurozona

26/03/2014, Roma

Un incontro per parlare di Italia e di Unione europea, di equilibri economici e di unione bancaria: Marco Buti, direttore generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea, ne ha discusso con Ettore Greco, direttore dello IAI, Flavio Brugnoli, direttore del CSF (Centro studi sul federalismo), Marcello Messori, direttore della Luiss School of European political economy, e Stefano Micossi, direttore generale di Assonime.

L’incontro s’è svolto a Roma il 26 marzo, organizzato da IAI, CSF e Compagnia di San Paolo. Il dibattito ha preso le mosse dai dati e dalle indicazioni contenute nel rapporto della Commissione europea sugli squilibri economici dell’Ue, pubblicato il 5 marzo.

“L'Italia ha squilibri macroeconomici eccessivi, come debito alto, scarsa competitività e aggiustamento strutturale insufficiente – scrive la Commissione -, che richiedono uno speciale monitoraggio da parte della Ue”.

“Per la prima volta – spiega Buti – abbiamo effettuato un’analisi approfondita su 17 Paesi Ue, Germania compresa, per avere un quadro della situazione più equilibrato. L’Italia è, insieme a Croazia e Slovenia, nel gruppo di Paesi con gli squilibri maggiori. Purtroppo sia l’Italia che l’Eurozona in generale soffrono di una ripresa lentissima: se non si cresce è impossibile mantenere una disciplina di bilancio forte con uno stato sociale in grado di offrire una adeguata solidarietà. L'Italia deve fare i conti con un altissimo livello del debito e con una debole competitività esterna, per questo si richiedono politiche urgenti”.

“Nel 2013 - scrive la Commissione - l'Italia ha fatto progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine, ma ciononostante l'aggiustamento strutturale per il 2014 appare insufficiente vista la necessità di ridurre il debito ad un passo adeguato”. Per questo “la Commissione compirà un monitoraggio specifico delle politiche raccomandate all'Italia dal Consiglio nell'ambito del Semestre europeo e farà regolari rapporti all'Eurogruppo e al Consiglio”.

Ma per Buti “se da un lato non si può ancora dichiarare missione compiuta, il peggio è sicuramente alle spalle: sono stati fatti passi avanti fondamentali negli ultimi tempi – spiega il direttore generale nel suo intervento -, abbiamo rafforzato il coordinamento fiscale e la sorveglianza sulle riforme al di là delle questioni di bilancio e abbiamo stretto il cerchio sull’unione bancaria. È quasi in fase di attuazione un sistema di vigilanza unico, qualcosa di insperato solo pochi anni or sono; e siamo anche all’ultimo miglio dell’accordo sul sistema di risoluzione unico e sul fondo di risoluzione unico, che saranno presto approvati dal Consiglio Ecofin, mentre abbiamo già l’accordo di fondo con il Parlamento europeo. Tutto questo costituisce la base per un’unione bancaria genuina”.

Molto sentito è anche il problema della mancanza di fiducia, come osserva Stefano Micossi: “La mancanza di fiducia nell’Unione europea è un ostacolo importante che va superato: ci si guarda ancora con occhio troppo critico e dubitativo. Dopo il governo Monti, che aveva portato la fiducia nei confronti dell’Italia ai livelli massimi, ci siamo dati i pesci in faccia: ora, la nostra politica economica ha le mani legate, continuiamo a chiedere all’Europa di risolvere i nostri problemi, ma così non facciamo altro che ingrossare le fila dei vari Grillo e Le Pen. L’attuale premier sembra averlo capito, ora vedremo se saprà tenere fede agli impegni”.

Critico Marcello Messori: “Ci sono vari nodi ancora da sciogliere: l’Italia, ad esempio, insieme alla Grecia dovrebbero crescere del 3% per far fronte agli impegni europei. Inoltre l’obbligo di rientro dal debito pubblico che scatterà nel 2016 è un problema tutt’altro che risolto. Concordo con Buti quando dice che il nostro Paese ha scarsa produttività, scarsa competitività e un enorme debito pubblico. A maggior ragione dico che è impossibile aggredire uno spettro di problematiche così ampio, dobbiamo scegliere le priorità e puntare sulla firma di accordi contrattuali, dare una gerarchia alle riforme e rilanciare la produttività”.

Buti è fiducioso, anche se smorza la prospettiva degli accordi contrattuali, più lontani dopo l’ultimo Consiglio europeo 2013: “Io credo che con l’implementazione delle riforme sugli squilibri macroeconomici che noi abbiamo indicato nel pacchetto del 5 marzo, sia nei paesi più vulnerabili, Italia in testa, sia in quelli più virtuosi, Germania in testa, sia possibile ricostruire la fiducia e mettere in campo quelle riforme che permetterebbero un aggiustamento più equilibrato all’interno della zona euro. Perché fino ad ora, l’aggiustamento ha gravato soprattutto sulle spalle dei paesi più deboli e credo sia arrivato il momento che anche i paesi più forti diano il loro contributo alla la crescita collettiva essenziale a garantire gli equilibri di finanza pubblica”.

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