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Europa, alleanze, interesse nazionale: l'opinione degli italiani sulla politica estera

17/12/2013, Roma

Una percezione della politica estera che riflette “più la narrazione mediatica” che i fatti reali – lo dice una giornalista, Monica Maggioni, direttrice di RaiNews-. E un coinvolgimento europeo che, nonostante le polemiche e le tensioni di questi anni, non esorcizza il rischio che anche le elezioni del maggio prossimo si riducano “a un pagellino per la politica interna di ogni Stato” –lo afferma Ettore Greco, direttore dello IAI–.

La presentazione dell’indagine sull’opinione pubblica italiana condotta dallo IAI e dal CIRCaP, sondando le posizioni dei cittadini di fronte alla politica estera e all’integrazione europea, è stata l’occasione, il 16 dicembre, nella sala del Garante a Piazza Monte Citorio, per un vivace dibattito tra esperti, giornalisti e politici. Il sondaggio è stato realizzato dal Laps dell’Università di Siena, intervistando un campione di 1003 individui di nazionalità italiana, residenti in Italia e maggiorenni.

Se Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, ha ammesso la difficoltà di appassionarsi, e di fare appassionare il pubblico, “alle questioni internazionali”, in un Paese dove “non sappiamo ancora dire come e con chi difendere gli interessi nazionali”, i politici si sono sentiti, più di quanto non siano stati messi, sul banco degli accusati.

Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, riconosce che sono state “scaricate sull’Europa” scelte che dovevano essere fatte a livello nazionale: anche per questo, “se oggi ci fosse un referendum sull’euro, dovremmo allacciare le cinture di sicurezza”. Quanto all’insieme della politica estera, “abbiamo troppo a lungo giocato sulle emozioni dei cittadini” e “abbiamo troppo spesso privilegiato i buoni rapporti personali con gli altri leader” sulla sostanza delle relazioni fra Paesi.

Per il vice-ministro degli esteri Lapo Pistelli, la politica estera è sovente usata come “una clava che divide i fronti” e non viene considerata “un campo dove coinvolgere le diverse voci”. Pesa, poi, l’italica mancanza di costanza e di solidità: “Una mattina siamo calimeri depressi, l’altra ci svegliamo velleitari a tutto fronte. Ci manca il passo giusto”. Eppure, gli strumenti non ci mancano: abbiamo un softpower che vale più dell’hardpower –e bisogna investirvi–. E, quanto alle europee, “per una volta si alza l’asticella”: la campagna potrebbe non limitarsi ai temi nazionali.

Quella che esce dal sondaggio IAI/CIRCaP è un’Italia divisa sull’Europa lungo crinali talora inattesi politici e demografici. Un’Italia che ha poca fiducia in se stessa e non ne ha molta negli altri. E che, recisamente contraria all’uso della forza per risolvere le controversie internazionali –oltre l’80%-, non è più pronta alle missioni di pace –il 60%–. Più che un Italia ‘da forconi’, arrabbiata, pare un’Italia ‘da giardinetti’, rassegnata: reclinata sul passato, timorosa di proiettarsi nel futuro.

In testa a tutto, gli interessi nazionali, cioè i propri. In primo luogo, “la sicurezza dei confini dell’Italia e il controllo dei flussi d’immigrazione”: concetti che evocano il ’14 (1914), il primo, e che trasformano in fortezza il Paese della solidarietà, il secondo. L’iconografia tradizionale (e datata) degli ‘italiani brava gente’ regge nella scelta pacifista, non certo sul fronte dell’accoglienza.

I risultati sono spesso influenzati dall’attualità –le risposte sono state raccolte mentre era forte l’eco dei drammi dell’emigrazione nel Mediterraneo– e fotografano le evoluzioni dei rapporti di forza istituzionali: quattro italiani su dieci pensano che la figura più influente in politica estera sia il capo del governo, più di uno su quattro che sia il presidente della Repubblica, solo uno su dieci fa riferimento al ministro degli esteri, probabilmente perché, prima di Emma Bonino, alla Farnesina sono passate figure diafane, la cui presenza è stata poco percepita dall’opinione pubblica.

A cinque mesi dalle elezioni europee del 25 maggio, l’indagine esplora l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso altre questioni controverse, oltre al futuro dell’integrazione europea e i sacrifici per restare nell’euro e i rapporti con Bruxelles e con Berlino: la presenza di basi Usa, controversa, sul territorio italiano –c’è equilibrio tra chi le accetta e chi se ne vorrebbe sbarazzare- e le missioni all’estero; e ancora rischi e opportunità delle Primavere arabe –i primi percepiti tre volte di più delle seconde–.

Gli italiani sentono di avere un’identità mista, italiana ed europea: questa percezione è fortissima fra gli elettori di centro-sinistra –tre su quattro– e scende sotto il 60% fra gli elettori di centro-destra ed i grillini. La frattura europea fra centro-sinistra (due su cinque) e centro-destra e grillini (due su tre) si ripropone sulla difesa degli interessi nazionali anche a discapito di quelli europei e sull’atteggiamento verso la Germania, la cui influenza è percepita come negativa da quasi la metà degli elettori di centro-sinistra, ma da oltre i due terzi di quelli di centro-destra e grillini.

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