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La partecipazione italiana alla politica agricola comunitaria

01/04/1976

La contraddittoria vicenda della politica agricola comune europea, da molti considerata fino a poco tempo fa come la spina dorsale della Comunità, ed il ruolo svoltovi dall'Italia in quasi vent'anni di mercato comune sono i temi centrali di questo studio condotto da Rosemary Galli e Saverio Torcasio. Attraverso una dettagliata e rigorosa analisi degli avvenimenti comunitari in campo agricolo, gli autori cercano di evidenziare soprattutto i comportamenti delle autorità governative italiane poste davanti a scelte che devono tenere conto contemporaneamente delle esigenze europee della politica agricola comune e della difesa degli interessi agricoli italiani. Dal 1958 ai giorni nostri tali atteggiamenti sono passati da un aperto sostegno dello «spirito comunitario», fino ad un sempre più accentuato abbandono di questa linea in favore di una «politica degli interessi» rigida e senza vere alternative. Ma non sono solo le autorità governative italiane a portare il peso di certe responsabilità e di certe scelte: vi sono anche, e soprattutto, i partiti politici e le organizzazioni professionali che hanno svolto un ruolo non indifferente nel modificare in un senso o nell'altro la partecipazione dell'Italia alla politica agricola comune. Partecipazione che non può essere solo giudicata in riferimento agli atteggiamenti italiani, ma che trova un senso compiuto nell'esame degli effetti che la politica agricola comune ha avuto sull'agricoltura italiana nel suo insieme. Anche sotto questo profilo non si può negare che l'integrazione dei mercati abbia apportato taluni vantaggi ad alcuni settori della nostra ·agricoltura. Tuttavia bisogna anche dire che nel suo complesso l'agricoltura italiana non ha tratto consistenti benefici dalla politica agricola comune, almeno se si tengono presenti le sue più vitali esigenze. AI di là dei progressi compiuti e dei risultati conseguiti in questo o in quel settore sopravvivono infatti pressoché immutati tutti i fattori di inferiorità strutturale della nostra agricoltura rispetto a quella degli altri paesi della Cee. È su queste considerazioni che dovrà basarsi il futuro apporto dell'Italia ad una profonda revisione della politica agricola comune e della stessa agricoltura italiana.